Il 2024 registra un nuovo record di vicinanza alla mezzanotte: scienziati lanciano l’allarme su rischi globali in aumento.
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Dal 1947, l’Orologio dell’Apocalisse scuote le coscienze, segnando inquietudini globali crescenti. Sebbene concepito dai fisici atomici con l’appoggio di Albert Einstein, oggi conta anche su altri fattori che conducono verso la catastrofe. Nel 2023 eravamo a soli 90 secondi dalla mezzanotte; nel 2024, la distanza si è ulteriormente ridotta a 89 secondi. Cosa ci spinge così vicini al punto di non ritorno?
La rincorsa della minaccia nucleare
In origine, l’Orologio dell’Apocalisse era settato a sette minuti dalla mezzanotte. Era un’era di competizione tra Stati Uniti e Unione Sovietica, entrambe affaccendate nella costruzione dei loro arsenali nucleari. Il mondo tremò nel 1949, quando l’Unione Sovietica testò la sua prima bomba atomica, avvicinando le lancette a soli tre minuti dalla mezzanotte. Questo cambio segnalava la crescente paura dell’uso delle armi nucleari, un timore che persiste nel panorama attuale.
Le attuali tensioni geopolitiche aggiungono benzina al fuoco. Il programma nucleare della Corea del Nord, ad esempio, continua a dispiegarsi con inquietante determinazione, mentre la Cina rafforza la sua presenza militare intorno a Taiwan. Questo contesto internazionale instabile perpetua il senso di minaccia nucleare, spingendo l’orologio sempre più vicino a un momento critico, pur essendoci stati tentativi di controllo delle armi negli ultimi decenni.
Le sfide del cambiamento climatico e conflitti globali
Perché, poi, l’Orologio continua a segnalare pericoli immediati? Le tensioni nucleari non sono l’unico fattore. Il conflitto in Ucraina e le perenni tensioni tra Israele e Palestina contribuiscono a creare un clima geopolitico instabile. La lotta per le risorse e i disaccordi territoriali mantengono una tensione continua che sembra non trovare risoluzione.
Non possiamo dimenticare la minaccia crescente del cambiamento climatico, che pesa significativamente sul posizionamento del Doomsday Clock. Gli impegni assunti negli accordi internazionali, come quello di Parigi, sono stati spesso disattesi; persino gli Stati Uniti hanno manifestato incertezze sotto l’amministrazione Trump. Le incognite poste dall’evoluzione tecnologica, in particolare dall’intelligenza artificiale in campo militare, intensificano le preoccupazioni, intrecciandosi con le problematiche ambientali in un nodo complesso e minaccioso.
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Un richiamo all’azione globale
Il quadro generale che si delinea è tutt’altro che rassicurante. Daniel Holz, presidente del comitato per la scienza e la sicurezza del Bulletin of Atomic Scientists, avverte solennemente: «Abbiamo visto progressi insufficienti nell’affrontare le sfide principali, e in molti casi ciò sta portando a effetti sempre più negativi e preoccupanti». Queste parole risuonano forti, un invito impellente ai leader a prendere decisioni sagge e dirette.
Dal suo debutto nel 1947, il Doomsday Clock subì 25 revisioni, allontanandosi dalla mezzanotte appena otto volte. Il momento più sicuro fu nel 1991, quando si trovava a 17 minuti dalla mezzanotte, all’indomani della Guerra Fredda e alla firma del trattato sulla riduzione delle armi nucleari. Un breve sospiro di sollievo arrivò nel 2010, grazie agli accordi di riduzione delle emissioni durante la conferenza sul clima di Copenaghen, ma oggi siamo nuovamente travolti dalla crisi.
In definitiva, l’Orologio dell’Apocalisse è oltre un semplice segnatempo; rappresenta un costante monito. Siamo di fronte a una scelta: agire concretamente per garantire un futuro prospero e sicuro o danzare sull’orlo del baratro. È il ticchettio delle nostre responsabilità globali.