Le nevicate sulle Alpi sono in calo del 50% rispetto al secolo scorso, mettendo in pericolo risorse idriche e biodiversità alpina.
Le meravigliose cime d’Italia, dalle Dolomiti al Monte Bianco, stanno perdendo il loro tradizionale manto nevoso. La crisi climatica minaccia non solo l’inestimabile patrimonio naturale, ma anche le risorse idriche necessarie per sostenere la vita.
La neve: un bene prezioso sotto attacco
Gli iconici rilievi italiani, come il maestoso Cervino e il Gran Sasso, vedono sempre meno nevicate a causa del riscaldamento globale. Negli ultimi cento anni, l’aumento di circa 2°C delle temperature ha ridotto la durata del manto nevoso di circa un mese. Questa tendenza preoccupa particolarmente in vista della Giornata Mondiale della Neve il 19 gennaio, poiché evidenzia l’urgenza di proteggere non solo un importante settore turistico sportivo, ma anche il “castello d’acqua” del Paese: le Alpi. Senza interventi adeguati, le preziose riserve idriche che dipendono dalle nevicate rischiano di esaurirsi, soprattutto visto che le poche nevicate tardive non riescono più a compensare i vuoti stagionali.
L’allarme di Legambiente
Legambiente, con il rapporto “Nevediversa 2024”, denuncia l’aggravarsi delle condizioni in montagna. Attraverso studi accurati, incluso quello della Fondazione CIMA, viene tracciato un quadro drammatico: le stagioni nevose si accorciano, con impatti distruttivi sui fragili ecosistemi alpini e appenninici. Tra le priorità suggerite dall’organizzazione ci sono l’implementazione di strategie nazionali di mitigazione e adattamento, la sensibilizzazione delle comunità montane sul declino delle nevicate e lo sviluppo di forme di turismo invernale che enfatizzino la naturale bellezza della neve. L’appello è per un modello di turismo che abbracci il rispetto della natura, riducendo la dipendenza dalle piste innevate artificialmente, che coprono oggi il 90% delle stazioni sciistiche in Italia.
Neve in diminuzione: le alpi in crisi
Il 2024 ha portato una sfida tremenda per le Alpi. Le ricerche di Legambiente, come la “Carovana dei Ghiacciai”, rivelano un calo significativo delle precipitazioni nevose. Un rapporto dell’International Journal of Climatology sottolinea una riduzione del 50% rispetto a un secolo fa. Tra il 1920 e il 2020, il manto nevoso ha subito un calo del 34%, con le Alpi sudoccidentali gravemente colpite (-50%) rispetto alle settentrionali (-23%). Indicatori naturali, come il maggiore tasso di crescita del ginepro, mostrano un ambiente sempre più privo di neve, come confermato da studi su Nature Climate Change.
L’urlo silenzioso dei fiumi
La crisi climatica ha ripercussioni devastanti anche sui corsi d’acqua italiani, come il Po e l’Adige, registrando al 10 gennaio 2025 un deficit nevoso del 61% in SWE (Snow Water Equivalent). Anche l’Appennino, colpito da temperature elevate che sciolgono rapidamente la neve, contribuisce al fenomeno. Un esempio allarmante è il Tevere, il cui deficit è passato da un 24% a dicembre a un drammatico -88% a gennaio. Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente, sottolinea: l’indifferenza riguardo al cambiamento del manto nevoso influirà sul futuro ambientale ed economico delle comunità locali. È essenziale una risposta comune, con azioni politiche intense e una strategia europea per preservare montagne e ghiacciai.
In un avvertimento finale, Vanda Bonardo di Legambiente evidenzia come il manto nevoso funzioni da riserva idrica vitale, capace di regolare il flusso d’acqua nelle stagioni calde. Tuttavia, con il perdurante ridursi della neve, questi ecosistemi cruciali e il nostro benessere sono minacciati. Se la comunità internazionale non agirà in fretta, potremmo trovarci a dover fronteggiare una drammatica crisi idrica. Come riportato dal documento “Lost Winter”, per ogni grado di aumento della temperatura globale, la copertura nevosa potrebbe diminuire dell’8%, con conseguenze anche sulle vette più alte. Non è forse giunto il momento di affrontare con decisione la sfida climatica per proteggere il nostro futuro?